Lettera dei ricercatori precari sulle assunzioni
Quella che segue è una lettera inviata ai rappresentanti del consiglio di amministrazione dell'Ateneo di Bologna che si sono riuniti martedì 30 ottobre per approvare o meno la delibera dell'ultimo senato accademico riguardo alla suddivisione delle risorse per il personale. Abbiamo scritto questa lettera per esprimere la nostra indignazione verso una decisione che riteniamo iniqua e che, ancora una volta, si piega alla volontà della gerontocrazia del nostro Ateneo.
Rete Nazionale Ricercatori Precari – nodo di Bologna
Egregio signore, gentile signora
Le scriviamo perché, come rappresentante all´interno del consiglio di
amministrazione dell´Ateneo di Bologna, martedì 30 ottobre lei sarà
chiamato a votare la delibera dell´ultimo Senato Accademico (quello del
23 ottobre, per intenderci) nella quale si assegnano il 40% dei fondi
disponibili all´assunzione di nuovi ricercatori ed il 60% agli scatti di
carriera. Le scriviamo questa lettera per manifestare il nostro dissenso
riguardo a quella delibera. Sappiamo bene che verrà approvata e siamo
sicuri che chi l´ha pensata uscirà gongolando e racconterà ai giornali
quanto è avanti l´Università di Bologna perché assumerà bensì 104
(secondo i nostri calcoli) nuovi ricercatori nei prossimi tre anni.
Tuttavia, come probabilmente le è noto, a Bologna sono circa 3000 i
cosiddetti "precari", cioè coloro che lavorano nei locali e nei
laboratori dell´università con contratti di breve durata, rinnovati di
volta in volta, malpagati e con poche, se non nessuna, garanzia
previdenziale, pensionistica e sindacale. Più del 50% delle persone che
tengono in piedi questo Ateneo vivono alla soglia della povertà e sempre
nel dubbio se il contratto gli verrà rinnovato o meno. Siamo gente che
lavora sodo, che ha passione (perché chiunque non abbia passione molla
questo inferno al più presto), che produce e che scrive libri e articoli
anche su riviste internazionali, che è conosciuto anche all´estero, che
scrive progetti di ricerca nei quali, il più delle volte, non può
nemmeno figurare, per un motivo o per un altro. Il restante 50% delle
persone che tengono in piedi questa università, i cosiddetti
"strutturati", hanno un´età media altissima, a Bologna come nel resto
d´Italia, il che ci rende il fanalino di coda non solo nel mondo
accademico europeo, ma anche in quello mondiale. Sono persone che,
seppur validissime, non sempre hanno tempo (o voglia) di fare ricerca.
Che sono sommerse dalle ore che devono dedicare all´insegnamento e a
sbrigare burocrazia. Ci si domanda, allora, chi in questo stato debba e
possa dedicarsi alla ricerca, settore strategico di ogni paese avanzato.
Come è possibile che in un Ateneo che si vanta di essere all´avanguardia
da tanti punti di vista, si prediliga comunque assegnare più risorse a
chi di risorse ne ha già molte e, soprattutto, a chi non si dedica alla
ricerca, e si lascino annaspare migliaia di giovani che da anni si
dedicano con passione al loro lavoro? "Per assumere personaggi
importanti e dare lustro all´Ateneo" come è stato dichiarato ai
giornalisti? Questo può andare anche bene, ma perché il 60% delle
risorse disponibili? Il 40%, o anche il 20%, non sarebbero bastati a
chiamare un numero sufficiente di "nomi illustri"? Come se, peraltro,
gli elenchi delle pubblicazioni che si possono leggere sui Curricola di
tanti precari non valgano niente. Non darebbe lustro all´Ateneo di
Bologna abbassare l´età media dei suoi ricercatori? Avere a disposizione
tante menti in grado di lavorare con entusiasmo avendo la certezza che
rimangano qui a lungo? Dare garanzie e sicurezza a tutti quei precari
che da anni lavorano qui e che hanno contribuito, nel tempo, a mantenere
la fama che l´Ateneo di Bologna ha in tutto il mondo?
Siamo certamente consci che aumentare il numero dei ricercatori assunti
dall´università di Bologna non risolverà il problema del precariato né
qui né altrove, se prima non si cambia la struttura complessiva della
ricerca, che attualmente è precaria in sé stessa. Ma forse potrebbe
essere un piccolo passo avanti, una dimostrazione che si può fare, che
la gerontocrazia si può superare, che le prospettive possono cambiare.
Se solo si vuole.
Sappiamo bene che la grande forza dei precari è la tenacia e continuiamo
ad avere la speranza che qualcosa prima o poi cambierà, ma sappiamo
altrettanto bene che anche questa volta sarà un´occasione persa. Con
questa lettera non riusciremo a farle cambiare idea, né, men che meno, a
cambiarla al Senato Accademico che ha approvato una simile delibera. Ma
forse un piccolo dubbio siamo riusciti a instillarlo. E forse un giorno…
Distinti saluti
RNRP – nodo di Bologna